In questa guida spieghiamo quale risulta essere la versione corretta tra Rimpinguare e Rinpinguare.
La Grammatica della Lingua italiana stabilisce che davanti alle consonanti b e p debba essere presente la m e non la n. Quindi la forma corretta è rimpinguare e non rinpinguare. Il termine rimpinguare viene dall’unione del prefisso ri con il verbo impinguare. Impinguare deriva da pingue, che viene dal latino pinguis e dal greco pach ys, con il significato di denso, saldo, legato. E si avvicina al pach ne, o al pach ios, nel senso o di rappreso o di solido, e quindi di compatto.
L’aggettivo pingue cambia significato in funzione del sostantivo a cui si riferisce. E così un campo pingue identifica un terreno molto fertile, mentre un pingue signore dipinge un uomo soddisfatto e grassoccio. Un conto in banca pingue indica ricchezza, come il pingue fumo dell’incenso lascia immaginare un ambiente avvolto da volute dense dove il corpo possa rilassarsi. E un magazzino pingue indica un deposito pieno quasi al soffitto.
Così il termine impinguare, che proviene da pingue, quando lo si collega al prefisso in, prende i vari significati di ingrassare, riempire, arricchire, infoltire. Cioè acquista il senso letterale di mettere nel grasso o di aggiungere del grasso. Ma se il termine completo è impinguare, nella forma originaria ha il prefisso separato e si scrive in pinguis o in pingue, da cui in pinguare. È una forma arcaica risalente al XIV secolo, oggi assolutamente desueta, che identifica più che altro il gesto di mettere nel grasso, nella pinguedine, qualcuno o qualcosa. Una forma che non giustifica l’errore, ma ne ratifica le origini e il conseguente vizio nell’uso comune.
Ma andiamo al prefisso re o ri, ridotto per compattezza di termine alla sola r, che precede la parola impinguare, e che significa farlo di nuovo oppure farlo ripetutamente. Cercando sul vocabolario infatti risulta che il prefisso ri viene dal re latino che descrive la reiterazione, o il riavvolgersi, di un atto. In italiano, infatti, collocato davanti ad un verbo, indica appunto la ripetizione dell’azione, ne intensifica gli effetti e ne accentua la ripetitività.
Ma se non è inconsueto trovare un sostantivo che porti ambedue i prefissi nel senso reiterativo, come in remozione e rimozione, la lingua parlata predilige il più comune prefisso ri. Questo infatti espande il significato del verbo oltre la semplice ripetizione e, elidendo la i, fa corpo unico con esso perdendo il valore di prefisso, come in rimpinguare.