In questa guida spieghiamo quali sono le regole del raddoppiamento fonosintattico e mettiamo a disposizione alcuni esempli.
Tra i fenomeni dovuti alla pronuncia assimilata delle parole troviamo il raddoppiamento fono sintattico che si verifica quando consonanti di inizio parola precedute da vocali di fine parola si pronunciano come se fossero doppie (es. è vero – evvero). A volte le due parole si uniscono a formare un un’unica parola e le consonanti diventano due anche sulla carta stampata. Questo accade nei nomi composti da: sopra e contro (es. sovrastimato); così e la sua variante sì; gli avverbi più e là; le preposizioni a, da, su, fra (es. davvero); le congiunzioni e, o, né (es. neppure).
Tuttavia, si può incorrere in errori. Si potrebbe pensare, infatti, che le parole composte con il prefisso intra possano volere il raddoppiamento fonosintattico ma non è così. Esempi di parole di questo tipo intramuscolare, intrafamigliare. Nel caso di verbi come intrattenere ed intrappolare il preverbio non è intra ma in (in+trattenere). Si conserva, dunque, la doppia consonante della parola d’origine.
Anche il raddoppiamento fonosintattico viene spesso introdotto per questioni di eufonia detta anche prostetica che sopraggiunge anche nel caso in cui si aggiunge la vocale i all’inizio di una parola che inizia con s impura che segue le preposizioni in o per (es. per istrada). Anche la d può avere la stessa funzione aggiunta alle congiunzioni e ed o quando sono seguite da parole inizianti per vocali (es. ad esempio). La d serve allo scopo di evitare l’incontro di due vocali anche se nell’uso corrente della lingua italiana si tende a limitarne l’inserimento in quanto peggiorerebbe la leggibilità degli scritti. L’uso delle d eufoniche resta, perciò, non obbligatorio ma a discrezione di ciascun scrivente o parlante.