In questa guida spieghiamo quale risulta essere la versione corretta tra Soqquadro e Socquadro.
Anche se generalmente in italiano il rafforzativo della q viene ottenuto anteponendo la c, nel caso di soqquadro, per ottenere il tono duro si usa la doppia q. Quindi la maniera corretta per scrivere, e pronunziare, questa parola è soqquadro, e non socquadro. Infatti, anche se è considerata un’eccezione, oggi la versione esatta è quella con le due q, e non quella che antepone la c alla q.
Ma, per saperne di più, si possono prendere in considerazione le delucidazioni riportate sul sito della Accademia della Crusca, a firma di Massimo Fanfani, nella sezione consulenza linguistica, e pubblicate su Crusca per voi n. 20, uscito ad aprile del 2000. Alla domanda della maestra Laura Bardazzi di Firenze, Fanfani offre una risposta abbastanza completa.
Egli fa notare innanzi tutto che la lettera q è un lascito della lingua latina, che insieme alla u compare solo in alcune parole, e rappresenta un nesso labiovelare. Il nesso labiovelare, spiega Fanfani, è un insieme fonico formato dall’unione della q, come occlusiva velare sorda, con la u, che qui svolge il ruolo di semiconsonante. La assoluta somiglianza labiale, oggi, tra la q e la c, giustifica la presenza dell’una piuttosto che dell’altra, e solo in alcune parole, solo perché si tratta di termini che abbiamo ereditato integralmente dal latino, senza modificarli.
Quest è il caso, per esempio, del termine cuoco messo a confronto con quoto, oppure squalo paragonato a scuola. La pronuncia è uguale, ma la consonante è diversa. Questa particolarità ha portato la q ad essere soggetta alle stesse proprietà della c tranne che in caso di raddoppio. In questo caso infatti, come sostiene il Vocabolario della Crusca edizione 1612, dovendosi raddoppiare, il c gli si pone davanti, in sua vece, come acqua, acquisto. Una regola rispettata sempre tranne che per soqquadro, beqquadro, biqquadro.
Le ragioni di tale scelta, sempre secondo l’illuminato parere di Fanfani, sono legate all’uso e all’abitudine, consolidate probabilmente, dall’analogia con altre parole nelle quali i rafforzamenti erano rappresentati dal raddoppio della consonante. Un’abitudine che, tra l’altro, si consolida solo dopo la fine del 400 perché, almeno fino ad allora, l’uso alternativo della cq era tollerato anche in questo termine. Soqquadro, infatti, spesso veniva scritto socquadro.
Lo stesso Claudio Tolomei, nel Polito, accanto a termini come acquistare e piacque scrive aqqua usando la doppia. Risulta essere durante il riordino delle regole grammaticali, nel 500, e soprattutto da Fortunio in poi, che viene stabilito perentoriamente l’uso della cq nel caso di raddoppio. Ed è qui che un paio di termini come soqquadro e biqquadro, beqquadro sfuggirono alla trasformazione assimilando la doppia q.
La ragione potrebbe dipendere dal fatto che l’uso di ciascuno dei due termini era riservato ad un ambito molto ristretto e quindi lontano dalle contaminazioni della lingua parlata correntemente. Soqquadro infatti pare fosse un termine tecnico appartenente al linguaggio dei musicisti, mentre biqquadro, beqquadro venivano usati da muratori e artigiani, almeno come sostiene Lippi nel Malmantile. In realtà beqquadro ancora oggi indica, sullo spartito musicale, l’annullamento di una alterazione indicata precedentemente e soqquadro il rivoluzionamento di una situazione reale o figurata.
Ma c’è stato anche chi avrebbe voluto eliminarle, bollandole come anomalie. Amerindo Camilli, a pagina 38 del suo Pronuncia e grafia dell’italiano, pubblicato nel 1956, si schiera apertamente a favore di chi avrebbe voluto farli diventare socquadro e bicquadro, considerandole come eccezioni fastidiose e assurde. Un tentativo che naufragò miseramente, visto che soqquadro e biqquadro sono ancora qui, come testimoni di un passato in cui la q aveva un valore e un significato diverso dalla c. Una differenza da cogliere nella grafica, piuttosto che nell’evidenza sonora.