In questa guida spieghiamo genere e numero dei nomi mettendo a disposizione alcuni esempi utili.
Genere
I nomi, come le altre parti variabili del discorso, sono composti da una radice (o morfema lessicale) e di una desinenza (o morfema grammaticale). Mentre la radice rimane immutata esprimendo il significato fondamentale della parola, le desinenze si modificano informandoci sul numero e sul genere. La maggior parte dei nomi varia nel numero perché può essere sia singolare che plurale. Alcuni nomi, invece, hanno un genere unico che può essere o maschile o femminile. Altri ancora li hanno entrambi. Quando si scrive, si legge e si parla è importante riconoscere queste variazioni del nome anche per poter unire ad esso in modo corretto gli articoli e gli aggettivi che spesso lo accompagnano e che devono concordare con il nome nel genere e nel numero.
Per tutti gli esseri inanimati l’attribuzione del genere che sia esso maschile o femminile è solo convenzionale. Ciò significa che la sua attribuzione è fissata dall’uso nel corso dell’evoluzione della lingua. Se ci faceste caso, infatti, non esiste nessuna ragione logica per cui il cielo debba essere maschile e la terra femminile. Solitamente, gli esseri animati hanno genere maschile o femminile a seconda che siano di sesso femminile o maschile con le dovute eccezioni, per esempio la spia usato sia per gli uomini che per le donne.
Il femminile si forma generalmente aggiungendo la desinenza –a, -i, -tà e -tú. Alcuni sostantivi, detti mobili, passano dal maschile al femminile modificando la desinenza. Le regole generali vogliono che i nomi che terminano in –o formano il genere femminile con la desinenza –a, zio – zia. I nomi che al maschile terminano in –e formano il femminile con la desinenza –a, per esempio infermiere – infermiera. In altri casi che indicano animali, titoli o professioni si aggiunge il suffisso –essa, come in dottore – dottoressa.
Alcuni nomi presentano una forma unica per il maschile e per il femminile (es. nipote) in cui soltanto il contesto può effettivamente farne comprendere il genere. Alcuni nomi di animali hanno un’unica forma e sono, dunque, di genere promiscuo. Altri nomi sono detti indipendenti perché presentano forme totalmente differenti nel caso maschile e nel caso femminile, uomo – donna. Ancora, altri nomi presentano un femminile particolare, re – regina).
Con il mutare della società e la tensione al raggiungimento della parità dei sessi, i nomi delle professioni restano di genere maschile. Questo perché i nomi derivati al femminile sembrano quasi dispregiativi.
In altre lingue il genere resta di solito invariato. Salvo alcuni casi, come ad esempio l’africano che contiene decine di generi. Nelle lingue europee si arriva massimo a tre come nel caso del neutro sopravvissuto nella lingua inglese.
Numero
Il numero è la categoria grammaticale che distingue il singolare, cioè un solo essere animato o una sola cosa , per esempio il giornale, dal plurale che indica una molteplicità di esseri animati o cose, i giornali. La distinzione tra il singolare ed il plurale si mette in atto modificando la desinenza dei nomi mobili.
Se i nomi al singolare terminano in –a avranno il plurale in –i se maschili (il giornale – i giornali) ed –e se femminili (la penna – le penne).
I nomi che terminano in –ca e –ga hanno il plurale in –chi e –ghi se maschili (il collega – i colleghi), in –che e –ghe se femminili (la barca – le barche).
I nomi che terminano in –cia e –gia sono femminili e non si comportano in modo univoco perché seguono delle regole a parte. Quando la e è preceduta da vocale conserva la i (bugia – bugie). Quando, invece, è preceduta da consonante perde la i, per esempio arancia – arance. I nomi terminanti in –scia hanno, di solito, il plurale in –sce, per esempio fascia – fasce.
I nomi che terminano in –o sono solitamente maschili e hanno il plurale in –i (cappello – cappelli).
I nomi che terminano in –co e –go sono maschili ed hanno il plurale in –chi e in –ghi se sono piani, cioè se hanno l’accento sulla terzultima sillaba (sindaco – sindaci) anche se alcuni nomi fanno eccezione come i nomi che terminano in –logo diventano – logi.
I nomi che terminano in –io sono maschili ed al plurale: perdono la –i se la –i di –io non è accentata, studio – studi; la mantengono se invece la –i di -io è accentata, zio – zii. Alcuni nomi di genere maschile al plurale prendono la –a, uovo – uova. Altri, invece, hanno il plurale irregolare (uomo – uomini).
I nomi che terminano in –e sia femminili che maschili hanno il plurale in –i, padre – padri.